Luigi Bartolini (1892 - 1963)

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Luigi Bartolini (1892 - 1963) è stato un pittore e incisore del XX secolo. In gioventù vive tra Roma, Siena e Firenze, frequenta i corsi universitari di lettere e medicina, studia nei musei e presso le accademie di belle arti. Si dedica all'incisione verso il 1912, ma solo nel primo dopoguerra si ha notizia della sua attività espositiva. Partecipa all'esposizone degli Amatori e Cultori (1923); espone da Bragaglia (1924); alla II Biennale romana (1923); dal 1928 al '36 alla Biennale di Venezia. Si afferma, insieme a Morandi, con il quale intrattiene una fitta corrispondenza, come uno dei maggiori incisori italiani. È premiato con Morandi e Boccioni (alla memoria) alla mostra dell'incisione italiana agli Uffizi (1932), alla I Quadriennale (1935), dove ha una sala personale con 50 acqueforti, poi alla III Quadriennale (1939), alla Biennale di Venezia del '42 e alla rassegna internazionale di Lugano del '52 (ancora con Morandi). Durante gli anni Trenta soggiorna frequentemente all'estero (Tripoli, Bengasi, Klagenfurt), e risiede a lungo in campagna, nelle Marche, stabilendosi a Roma nuovamente nel 1938. La sua attività espositiva prosegue intensa nel dopoguerra, con personali in Italia e all'estero; le sue ultime personali sono alla XXXI Biennale di Venezia e alla Calcografia Nazionale di Roma, nel 1962. Pur muovendosi, agli esordi, nell'ambito delle Secessioni, i suoi interessi vanno da Goya a Rembrandt, da Fattori a Signorini. Tale ventaglio di riferimenti può valere a spiegare, in parte, i diversi motivi della sua ispirazionee la diversi- tà dị maniere" nera", bionda", lineare" affidate variamente a un segno puro e sottile, a intricati contrasti di chiaro e di scuro, a improvvisi intrecci di linee. Nella pittura, praticata sin dagli esordi, costruisce la forma col solo colore, con un'intensità espressionistica rintracciabile anche nei disegni e nelle più tarde incisioni "nere", in cui il segno, più fondo e sfrangiato, si ricollega sotto certi aspetti alla grafica degli espressionisti tedeschi. Accanto all'opera figurativa occupa un posto di assoluto rilievo anche quella letteraria. La produzione saggistica si nutre degli umori più acri e solforosi, di una naturale disposizione alla polemica, rivolta contro la cultura del suo tempo da Polemiche (1940) a Credo d'artista (1945) a ll fallimento della pittura (1948). In veste di critico, collabora a numero- se riviste, come "Il Selvaggio", "Quadrivio" "La Tribuna", “L'Anbrosiano", "L'talia Letteraria", "Circoli" Frontespizio" ecc. Della sua produzione narrativa, più misurata e con una certa propensione al bozzetto, ricordiamo Ladri di biciclette" (1946), forse il suo capolavoro, da cui De Sica trasse spunto. Abbondante la produzione in versi, raccolta nel nel volume Poesie 1911-1963 (1964).

FONTE: ROMA ANNI VENTI

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